mercoledì 27 maggio 2015

[Recensione] Terramare -3- La Spiaggia più Lontana - Ursula K. Le Guin


Titolo: La Spiaggia più Lontana
Serie: Terramare vol. 3
Autore: Ursula K. LeGuin
Editore: Mondadori
N° Pagine: 1486 (volume unico)
ISBN-10: 8804626410
Genere: Heroic fantasy







Qualcosa di strano sta succedendo nel mondo di Earthsea, la magia sta scomparendo, i maghi si scordano le parole dell’Antica Favella, il linguaggio della Creazione nonché lingua dei draghi, da cui traggono potere per gli incantesimi.
La notizia, tramite il giovane principe Arren, raggiunge anche l’isola di Roke, dove risiede la scuola di magia ancora illesa da questo male. Ged/Sparviero, che nel frattempo è diventato arcimago, decide quindi di partire, accompagnato da Arren stesso, per scoprire cosa sta succedendo e cercare di porre rimedio.
Comincia così un lunghissimo viaggio, che porterà i due in una città degradata in cerca di informazioni da un mago che, perdendo i suoi poteri, dice di accedere al mondo dell’aldilà tramite una speciale droga. Il viaggio prosegue passando per strani villaggi, incontrando poi il popolo dei Figli del Mare Aperto, popolo che non abbandona mai le sue zattere e segue la migrazione delle grandi balene grigie, per approdare infine all’ultima spiaggia di Selidor, oltre lo Stretto dei Draghi, l’isola più lontana dell’arcipelago, al di la della quale c’è solo il mare aperto.

Qui, sulla spiaggia più lontana, Ged ingaggerà battaglia contro il suo immortale nemico e scoprirà l’oscura verità dietro la ferita che affligge il mondo, finendo anch’egli risucchiato attraverso di essa.




Premetto che fare un riassunto del libro senza esagerare con gli spoiler è stata veramente dura, soprattutto per la parte finale che ho completamente omesso.
Per tutto il libro, un po’ in sottofondo e un po’ in primo piano, si filosofeggia sulla vita e sulla morte (vedendole sia contrapposte che come le due facce della stessa medaglia), sull’immortalità e sulla mortalità dell’uomo e sulla natura ciclica del mondo, concetti fondamentali dell’opera con cui dovranno scontrarsi i due protagonisti a più riprese.
Sempre su questa scia la morale su cui vuole farci riflettere l’autrice: l’importanza di vivere bene la propria vita e di non temere la morte, qui vista come un passaggio ad un altro mondo. Significati profondi che distaccano quest’opera dai classicismi e dalla frivolezza del fantasy moderno.
Molto bello e articolato il rapporto tra Sparviero e Arren, il ragazzo rimane prima affascinato dal mago considerandolo suo mentore, poi amico, poi nemico, poi di nuovo amico e esempio di virtù. Insomma un rapporto complesso come solo un adolescente può maturare e ottimamente descritto in ogni sua sfaccettatura.
Da un lato troviamo quindi un’ottima caratterizzazione e crescita dei personaggi (principalmente Arren), mentre da contrappeso negativo troviamo la trama del libro che non decolla mai e a tratti anche la scrittura si appesantisce, rendendo la lettura lenta e non troppo semplice.

Da sottolineare infine le analogie tra Arren e Aragorn del Signore degli Anelli, entrambi destinati a un trono vuoto, entrambi con un antico retaggio, entrambi che devono affrontare la morte per giungere al trono.





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