mercoledì 17 febbraio 2016

Intervista a Robin Hobb



Sperling & Kupfer, l'editore dell'ultimo romanzo di Robin Hobb: L'assassino - Il Ritorno, ha pubblicato sul suo blog (vedere la fonte a fine articolo) una breve intervista all'autrice dell'ultimo romanzo su Fitz Lungavista. Per chi non conosce l'autrice (mannaggia!!) o se volete qualche informazione in più, vi linko alla pagina dedicata qui sulla Porta: Robin Hobb



DOMANDA: Da dove è nata l’idea di creare il Reame degli Antichi? E, in più in generale: perché ha scelto il fantasy e non un altro genere?

Oh, questa è una fregatura! Sono due domande belle lunghe, non una sola!


Il Reame degli Antichi non è un’idea in sé, ma l’evoluzione di un’idea. Le mie storie iniziano sempre con un personaggio che deve affrontare un problema. Il mondo in cui il personaggio è calato viene svelato via via che iniziamo a prendere familiarità con lui o con lei. Scopriamo la famiglia e gli amici del personaggio, la sua professione, dove vive, l’estrazione sociale, il modo di vestire, l’economia della regione in cui vive, il tipo di governo, la geografia di quell’area, in particolare, e di quel mondo, in generale.

Pertanto, da scrittrice, creo il mondo in cui la storia si svolge come estensione di un personaggio. Se ci pensate, vi accorgete che lo stesso è vero anche per noi, nella vita di tutti i giorni. La mia visione del mondo è plasmata da tutte quelle stesse cose, e se io fossi nata in una famiglia diversa, in una parte del mondo diversa da quella in cui mi trovo ora, quella stessa visione sarebbe parecchio diversa da quella attuale.

Perché scrivo fantasy?

Scrivo fantasy perché mi permette di inventare la mia storia per il lettore senza limiti o idee prestabiliti. Il fantasy consente allo scrittore di lavorare su una tela completamente intonsa.
Se io inizio una storia con una frase riguardo un re italiano, un giovane cattolico, uno schiavo del Mississippi o un colono ebreo, il lettore subito fa delle supposizioni e prova simpatia o antipatia per il personaggio. Ad esempio, un re italiano è calato in un certo periodo storico. Leggendo, dunque, si balza subito alle conclusioni riguardo gli abiti, il cibo e lo stile di vita delle persone di quel periodo. Ma, se io inizio una storia parlando del re di Calursoria, il lettore si ferma e aspetta che sia lo scrittore a fornire gli elementi che gli mancano; quindi, è pronto a credere che il re sia scelto dal caso e governi per un solo anno prima di essere sacrificato a un dio. Ora, non importa che chi legge provi pietà per il re o ne sia intrigato, quel che conta è che è pronto a seguirmi dentro la storia. Solo con il genere fantasy uno scrittore può distogliere completamente il lettore dalla realtà e creare un nuovo mondo e, forse, persino nuove idee. Questo non vuol dire che chi scrive possa prendersi troppe libertà e dire “Oh, dopotutto si tratta solo di fantasy. Il lettore crederà che una ragazza possa portare in spalla il suo cavallo o che si possa tagliare la gola a un uomo facendolo sopravvivere.” Ci sono delle regole da rispettare. Non si possono infrangere le leggi della fisica o del buon senso a meno che lo scrittore prima non stabilisca delle regole per cui una ragazza possa sollevare il cavallo (una forza magica) o un uomo non muoia dissanguato.
Dunque, il fantasy offre a uno scrittore un’ampia gamma di possibilità nel plasmare un mondo o una situazione.

"Svegliati amico" - tratto da "Il Viaggio dell'Assassino" - deviantart


DOMANDA: Come mai ha deciso di tornare a Fitz con una nuova trilogia?

La prima e più importante ragione di ciò è che c’era ancora qualcosa da raccontare. I tempi erano maturi per tornare a Fitz e al Matto. Quando, nel corso degli anni, mi sono cimentata con il Reame degli Antichi, ho scritto i libri in ordine cronologico. Dunque, i fatti che accadono nella trilogia di Fitz e del Matto avvengono dopo “Le Cronache delle Giungle della Pioggia”, e per me la loro è la storia che più mi preme raccontare ora.




DOMANDA: Quali sono le differenze tra questa serie e le precedenti che hanno per protagonista Fitz? Come sono cambiati i personaggi?

Se dovessi trovare tutte le differenze, dovrei scrivere una trilogia solo su questo. Che è proprio quel che sto facendo! Non posso parlare qui di come sono cambiati i personaggi, altrimenti rivelerei troppo del libro. Gli anni sono passati, e il tempo ha lasciato il segno su tutti i personaggi proprio come succede per tutte le persone su questa terra. Sono passati sette anni dalla chiusa de Il destino dell’Assassino alla prima scena de L’assassino. Il ritorno. E, nel primo libro di quest’ultima trilogia, si svela un bel po’ di quel che è successo in tutto questo tempo.




DOMANDA: Ape Lungavista è una novità molto interessante. Da dove viene l’ispirazione per questo personaggio?

Le domande su che cosa abbia “ispirato” un personaggio o un luogo mi confondono sempre. Ape non l’ho immaginata prendendo spunto da qualcuno che conosco o ho conosciuto. Certo, ho una conoscenza generica dei bambini che ho acquisito nel corso di una vita, cosa naturale specialmente se uno è un genitore o un nonno. Ma Ape è del tutto frutto della fantasia. Se uno scrittore ambienta una storia in un mondo fantastico, penso che faccia un errore terribile a inserire un personaggio che esiste nel mondo reale. Il personaggio “reale” sarebbe un estraneo lì perché non è nato e cresciuto in quella cultura. Per me semplicemente non può funzionare.




DOMANDA: Fitz sostituirà Occhi-di-notte con un altro animale? (si può rivelare senza spoilerare?!)

Se io rispondessi sì o no a questa domanda, farei un super spoiler per la nuova trilogia.


Occhi-di-Notte


DOMANDA: A volte gli scrittori confessano che la scrittura ha per loro una funzione “terapeutica”. Lei ha un demone personale che esorcizza con la scrittura?

No. Scrivere è qualcosa che mi piace fare, ma non considero la scrittura una forma di terapia. Nelle mie storie, mi piace farmi una domanda, darmi una risposta ipotetica e poi sviluppare quella risposta in una storia per vedere se funziona oppure no. Nel racconto successivo, potrei dare una risposta ipotetica differente alla stessa domanda. Per me, l’atto dello scrivere è sempre legato a qualcosa da raccontare, niente di più, niente di meno.



DOMANDA: Lei è appassionata di astrologia? Ha mai pensato al segno zodiacale dei suoi personaggi?

La mia conoscenza dell’astrologia è molto superficiale, si limita agli oroscopi che trovo sui giornali. Quindi, non ho mai considerato quella domanda. Inoltre, visto che i miei racconti sono ambientati in un mondo totalmente diverso dal nostro, l’astrologia di questo mondo, valida per questo universo, si potrebbe applicare lo stesso?

Veritas (Lungavista)


DOMANDA: Lei è molto gentile con i suoi fan sui social network e la ringrazio molto per questo. Nonostante la sua gentilezza, lei nei suoi libri ha descritto alcune scene molto cruente! Come è riuscita a farlo?

La vita è fatta tanto di crudeltà, quanto di gentilezza. Scrivere una storia che contenga solo una o solo l’altra mi sembrerebbe davvero strano. Quando scrivo, la storia segue una logica sua, di questo tipo: “che cosa succederà poi?” E qualche volta accade qualcosa di molto triste, difficile o duro. Evitare tutto ciò e risparmiare al protagonista tutto il dolore o tutte le difficoltà non mi sembra molto giusto nei confronti del lettore e, credo, renderebbe il libro molto noioso. Tutti noi abbiamo avuto giorni in cui accade un disastro dietro l’altro. Ad esempio, sono in ritardo al lavoro, il bambino si ammala, mi si buca una ruota e inizia a piovere a dirotto proprio quando mi accorgo che anche la mia ruota di scorta è a terra. Quindi, talvolta, sì, eventi terribili a catena accadono ai personaggi. Ma, se uno toglie questi eventi dal libro e protegge i personaggi da tutto il dolore, non rimane molto da raccontare.



DOMANDA: Perchè ha deciso di scrivere sotto pseudonimo? E perché ha scelto il nome “Robin Hobb”?


Oh, questa è una domanda a cui ho risposto moltissime volte! Quindi, ve lo dirò di nuovo!
Robin Hobb

Quando ero agli inizi della mia carriera di scrittrice, usavo il mio vero nome: Megan Lindholm. E scrivevo diverse cose: articoli di giornale, storie per bambini, poesie, e racconti fantasy, più o meno lunghi. Persino qualche storia di fantascienza. Quando mi cimentavo con il fantasy, ne scrivevo di tutti i tipi. Le mie storie avevano recensioni molto positive, ma non vendevano granché. I miei lettori non sapevano mai che genere di racconto gli avrei proposto in seguito.

E poi ho iniziato a lavorare alla trilogia dei Lungavista. E sia il mio agente che il mio editor mi dissero: «Questo è qualcosa di completamente diverso rispetto a tutto quello che hai scritto in passato. Perché non ci inventiamo uno pseudonimo per differenziarlo dai tuoi lavori precedenti?» E l’idea mi ha intrigato subito.

Mi sono divertita parecchio a scegliermi un nuovo nome. Volevo che fosse un nome evocativo, ma non solo. Volevo che fosse corto, così sarebbe stato stampato bello in grande sulla copertina! E ho scelto di far iniziare il cognome con la lettera “H”, così i miei libri sarebbero stati posizionati sui ripiani intermedi in libreria, non troppo in alto ma nemmeno troppo in basso. Per quanto riguarda il nome, abbiamo scelto Robin, che significa pettirosso e fa venire in mente la primavera, Robin Goodfellow, meglio noto come Puck, e infine Robin Hood, certamente. Dopo aver stabilito Robin come nome, ci siamo decisi per Hobb come cognome, perché ha un bel suono, gentile, (in inglese hob è il fornello, perciò quando lo pronuncio penso alla frase “metti il bollitore sul fornello”) e per l’insolito rimando agli hobgoblin! Mi piaceva anche come suonavano insieme i due nomi. Mi sono divertita davvero molto a inventarmi una nuova identità!



DOMANDA: Robin, un saluto da un membro di www.bloodmemories.it . Perché ne L’assassino. Il ritorno ci sono così pochi riferimenti agli eventi politici che accadono in altre parti del tuo mondo? So che Fitz si è ritirato a Giuncheto, ma speravo di leggere qualcosa su Calched e sulle Rive Maledette in questo libro e nel seguito, visto che hanno un legame con Umbra.

Credo che ogni libro offra una chiave di lettura al lettore. Ne  L’assassino. Il ritorno, Fitz si trova calato in un ambiente domestico, una sorta di isola felice. Ha deciso di ritirarsi dalla politica di Castelcervo e sta cercando un po’ di pace. Fitz è abbastanza ostinato nell’evitare di venire a contatto con gli intrighi della corte, poiché sa che, se si lascia coinvolgere anche solo un po’, ci finisce dentro fino al collo.

Quando scrivo in prima persona, penso che sia molto importante limitarmi al punto di vista del narratore. Il lettore può vedere solo con gli occhi di quel personaggio e sapere solo quel che lui decide di condividere. Pertanto, ci sono dei riferimenti ai problemi con i draghi delle Rive Maledette e con Calched, ma, dal momento che Fitz ha distolto la sua attenzione da quelle questioni, il lettore è costretto a fare altrettanto.

   

DOMANDA: Cara Robin, da amante dei gatti come te, posso farti una domanda personale? Ricordo che Pi è stata co-autrice di tutti i libri su Fitz e sul Matto e che se ne stava seduta sulle tue ginocchia, miagolando contro di te se stavi per troppo tempo lontana dalla scrivania. Dunque, nella stesura di quest’ultima trilogia, Diego si è dimostrato all’altezza di Pi? La tua gatta manca anche a Fitz e al Matto?


Pi ha condiviso con me molti anni felici. È stata dura perderla, ma nessuno vive per sempre, e sfortunatamente i nostri cani e gatti hanno una vita molto più breve rispetto alla nostra. Diego non potrà mai sostituire del tutto Pi; non esistono due gatti identici, proprio come non esistono due bambini identici!

A Diego piace saltare sulla scrivania e sdraiarcisi sopra per occupare ogni angolo libero che riesce a raggiungere. Se lo ignoro, allunga una zappa e mi graffia con le sue unghiette. Se prendo dal cassetto un tronchesino per animali, scappa alla velocità della luce, lasciando dietro di sé una scia di fogli svolazzanti. Il suo scherzetto peggiore consiste nel sedersi sulle mie ginocchia e nel ribaltarsi sulla schiena. È troppo grosso per fare una cosa del genere, perciò comincia a scivolare giù, da una parte o dall’altra, e mi tocca prenderlo al volo. E di certo non posso scrivere al computer mentre lo faccio!

Un’altra cosa che adora fare è sedersi sulle zampe posteriori e affilarsi le unghie sul mio schedario, graffiando tutti i bordi. Ammetto che sia un po’ viziatello, ma mi tiene molta compagnia quando faccio le ore piccole nel mio studio.

Paragon e Ambra (Borgomago)


DOMANDA Ciao Robin! La descrizione di Giuncheto è molto dettagliata e, per la prima volta, nei tuoi libri c’è una pianta dell’edificio (e persino un disegno della facciata). Hai tratto ispirazione da un edificio reale?

L’idea della pianta è stata del mio editor. Io sono tremenda a disegnare. Le mappe non sono proprio il mio forte. Ne ho disegnata una solo perché lei mi ha suggerito di provare a farlo ed è stato allora che mi sono accorta che molte descrizioni del libro erano prive di senso! Quindi, quando ho abbozzato la posizione delle stanze e il loro nome, ho ripreso in mano il testo e ho sistemato le descrizioni in modo da permettere al lettore di immaginarsi l’ambiente in cui si muovevano i personaggi. La bella illustrazione della pianta dell’edificio che c’è nel libro è opera di Jackie Morris, che si occupa anche delle copertine inglesi. È decisamente più elegante e sofisticata dell’orrendo scarabocchio pieno di cancellature che le ho mandato come base su cui lavorare. Non penso che un edificio come quello di Giuncheto esista davvero. Sarebbe un incubo per qualsiasi architetto!



DOMANDA: Ciao Robin! Sono un membro di Bloodmemories. Ho avuto la fortuna e il piacere di incontrarti a Parma, anni fa. Dopo aver letto Il risveglio dell’assassino, mi sono interessato al background del Matto. A che cultura ti sei ispirata per creare il suo personaggio? Ti sei ispirata alla realtà?

Il Matto è un buffone di corte, è un jolly, e uno scherzo del mio cervello di scrittrice. È un personaggio che non ho creato volontariamente. Semplicemente, lui si presenta in una scena e inizia a parlare, e io non ho proprio idea di dove voglia andare a parare o di cosa possa rivelare di sé. Quindi, nessuna cultura particolare l’ha influenzato, e di certo non la realtà!



DOMANDA: Cara Robin, nel Regno degli Antichi hai una visione particolare del tempo e della storia. Ti sei ispirata a una corrente filosofica in particolare? Grazie!

Forse anche in Italia esiste un detto simile a quello inglese: «Chi non conosce la storia è condannato a ripeterla». L’ho sentito spesso ripetere, crescendo. Ma ho iniziato a chiedermi se non sia forse più vero il contrario. E se le nuove generazioni potessero metter da parte, dimenticandoli, l’odio e gli errori del passato? A volte, mi sembra che nel mondo si continuino a combattere sempre le stesse guerre, tra le stesse fazioni, perché si continuano a ricordare le differenze, e le offese arrecate da un gruppo a un altro. Insomma, spesso tutto si riduce a una questione di vendette. Allo stesso modo, a Castelcervo e nei Sei Ducati, c’è il detto «Prima o dopo, si finisce sempre per fare una guerra con Calched». Ed è solo un esempio.

Devo dire che non c’è una teoria o idea filosofica precisa alla base della storia. Io distinguo tra la Storia – con la S maiuscola – e le storie. Adoro scrivere di fatti interessanti che succedono, di come possano svolgersi in un mondo fantastico, e delle conseguenze che possono provocare. Dunque, in verità, per me si tratta solo di raccontare una storia.



lunedì 15 febbraio 2016

[Recensione] La Dimora Fantasma - Steven Erikson

Titolo: La Dimora Fantasma
Autore: Steven Erikson
Serie: Il Libro Malazan dei Caduti vol. 2
Editore: Armenia
N° Pagine: 860
ISBN-10: 883443028X
Genere: Epic fantasy















A cura di Diego (Joker 4)

Tra quei  lettori che hanno deciso che Il Libro Malazan dei Caduti sia una storia da meritare per una seconda 
volta la loro attenzione probabilmente ci siete anche voi che leggete queste righe. Se vi state chiedendo se sia o meno la scelta giusta, le pagine di Steven Erikson vi daranno la risposta che cercate. Attendere una risposta 
affermativa ad ogni costo è quanto mai azzardato visto che Erikson prende tutto ciò di cui è composto I Giardini 
della Luna e lascia che esploda in questo secondo capitolo. Andiamo per gradi.

Nel continente di Sette Città sta per nascere una rivolta in seno all'Impero Malazan, pochi mesi dopo le guerre 
di Genabackis. I rivoltosi di tutto il continente sono in fermento per il possibile arrivo di Dryjhna, l'ascendente 
portatrice dell'Apocalisse, incarnata nella donna di nome Sha'ik. 
Mentre sullo sfondo si dipanano gli eventi della guerra, il Violinista e Kalam scortano il ladro Crokus e la 
pescatrice Apsalar nella terra di Ehrlitan via nave, promettendo loro che la loro destinazione finale sarà Quon 
Tali, la terra natale della ragazza. Tuttavia le intenzioni degli ex Arsori di Ponti sono altre, dopo lo scioglimento 
del loro gruppo armato a Genabackis. 
Felisin Paran è anch'essa in viaggio dallo stesso continente verso Sette Città, imprigionata insieme ad altri nobili e condotta su una nave di schiavi secondo il volere di Laseen, attuato dal nuovo Aggiunto dell'Impero: Tavore Paran, sorella maggiore di Felisin.




A cura di Diego (Joker 4)

Il secondo tomo delle storie Malazan cambia aspetto per alcuni dettagli. La Dimora Fantasma è un seguito e 
temporalmente si posiziona dopo gli eventi del primo libro, eppure le storie sono completamente nuove, il 
continente è cambiato e le vite di cui si narra sono altre, eccezion fatta per i protagonisti in viaggio da 
Darujhistan (e ovviamente Laseen e chi le sta intorno). Non vedremo dunque molti dei personaggi già 
comparsi e le vicende ad essi legate sono per il momento rimandate.
Erikson cambia gli spazi e li amplia a dismisura. Siamo nelle terre desertiche e polverose di Sette Città, il cui 
cuore è il bruciante deserto di Raraku. In questo contesto si svolgono tante vicende lontane giorni e giorni di 
cammino le une dalle altre e profondamente diverse tra loro. Infatti se da una parte seguiremo le avventure di 
coloro i quali hanno tagliato i ponti con l'Impero (Violinista e Kalam), dall'altra vivremo la crudeltà della guerra 
attraverso gli occhi dello Storico Imperiale Duiker. L'epica della guerra sullo sfondo porta avanti le sorti 
dell'Impero di Laseen, mentre in primo piano le avventure di singoli uomini e donne srotolano il gomitolo di 
misteri  in ombra; il tutto è sempre condito da dosi massicce di magia ma meglio spalmate rispetto al 
precedente capitolo.
La compagnia del Violinista e le vicissitudini di un paio di volti nuovi, Mappo e lo Jahgut Icarium, approfondiranno la componente magica della saga e tutti i relativi costrutti intorno ad essa, a partire dalla costruzione magica di nome Azath comparsa alla fine del precedente racconto ma mai approfondita.
L'autore continua a seminare molliche di pane come fossero indizi che a rigor di logica dovrebbero portare ad 
una risposta, la quale tuttavia sarà foriera di ulteriori domande. Erikson spiega ma mette in costante discussione ciò che crea, lasciando che sia il lettore a ricostruire parte del suo mondo.
Ciò che non sta scritto tra le righe è dunque importante. Ma non dimentichiamoci della scrittura: le parole su carta (su schermo per chi sceglie il digitale) mostrano un netto miglioramento rispetto al precedente lavoro. Il
libro scorre bene, supportato da una scrittura evidentemente migliorata e più equilibrata nella scelta delle 
descrizioni e dei dialoghi. Inoltre la gestione degli eventi si fa più chiara ed è più semplice seguire anche i 
momenti che Erikson vela di mistero e a volte non spiega affatto, lasciando nella pagina un vuoto di dubbi e 
supposizioni, senza generare frustrazione nel lettore (o almeno a coloro che hanno imparato a conoscerne i 
modi). Si consiglia di seguire bene gli eventi e affidarsi, per quanto serva, ai glossari all'inizio e in appendice del libro.
Il testo non è esente da difetti, uno tra questi ancora una generale confusione (a voler essere pignoli) in alcuni 
punti della trama che spezzano il racconto e affaticano la lettura*. Fortunatamente l'autore tira bene i fili dietro alle sue creazioni e i point of view non si accalcano sconclusionatamente, tagliando la lettura in momenti che 
esaltano la sospensione del racconto.
La Dimora Fantasma conferma gli ottimi propositi solamente intravisti col primo libro, ed esalta l'enorme 
mondo di Malaz, riempiendolo di ulteriori sfaccettature. A fine lettura saranno i dubbi e la voglia di leggerne 
ancora a tormentarvi.

*Tali problemi potrebbero anche derivare dalla traduzione italiana, ma non avendo visionato il testo originale 
non posso pronunciarmi. Nell'edizione Armenia sono tuttavia presenti refusi numerosi.



A cura di Beps (Kaladin)

Continua il mio viaggio nel mondo Malazan di Erikson con il secondo capitolo della sua opera LA DIMORA FANTASMA.
Dopo gli eventi avvenuti nei “Giardini” l’autore cambia continente e ci si ritrova a Sette Città, sull’orlo di una ribellione.
Se nel primo libro ci ho messo 200 pagine per iniziare a comprendere il mondo (davvero complesso) creato da Erikson qui ce ne sono volute solo una 30ina, merito di uno stile di scrittura sicuramente cresciuto e di un tema e una situazione molto più drammatica rispetto al primo.
La dimora fantasma non è un libro semplice, non lo è perché determinate situazioni l’autore dipinge delle scene al limite con l’horror, il sangue scorre a fiumi, la violenza è perseverante toccando apici che poche volte ho letto (Abercombie è violento, ma la sua violenza è sempre condita con distaccata ironia).
Quando parte la ribellione è un tumulto, una lettura mozzafiato dove la fuga tra atroci massacri non da un attimo di tregua. La guerra, non intesa come guerra di conquista, ma intesa come ribellione contro il conquistatore, contro gli occupanti, è peggio di qualsiasi altra cosa, perché cova vendetta, cova rancore e quando si scatena non esistono regole militari o onore. Esistono massacri senza obiettivo, donne, vecchi, bambini.
L’ultimo esercito Malazan, comandato da Coltaine (assolutamente immenso, che spettacolo) ha un compito impossibile, scortare i civili alla salvezza… la catena dei cani, come verrà poi chiamata. La sua marcia, la sua resistenza, le difficoltà, morte e salvezza, vendetta e redenzione con un epilogo maestoso (l’arrivo ad Aren ti strappa il cuore). Il tutto raccontato da Duilker (anche lui che personaggio!) storico imperiale con una maestria che nel primo libro è mancata. Infatti questa volta Erikson non tralascia le descrizione, determinate situazioni non le scrive le dipinge
Assistiamo poi alla fuga di Felisin ed Heboric, una fuga ai limiti dell’umano dove la loro sete, la loro sofferenza buca le pagine è però questa la storyline che abbassa il voto finale del libro, perché Erikson qua cade nel difetto di essere troppo fumoso e poco chiaro. La fuga dalle Cave di Otataral, il viaggio fino alla costa, il salvataggio da parte di Kulp e il ritrovamento della Silanda (horror allo stato pure, un atmosfera di paura che mi sfiorava il collo) poi però inizia a perdersi e si ha l’impressione di aver saltato qualche passaggio..
C’è anche da menzionare il viaggio di Mappo e Icarium, il sentiero della mani e la ricerca di Tremorlor
Tornano poi alcuni personaggi letti nel primo, il Violinista, Kalam, Apsalar e Crokus.
Kalam si rivela un personaggio straordinario, la sua missione e il suo viaggio, le sue azioni..
Il violinista con la sua umanità è un altro che ti entra dentro.

Insomma tantissima carne al fuoco, mai noioso, mai banale con dei passaggi e delle situazioni ai confini con l’horror.. il finale poi è epico, mostruoso e non tutti i misteri verranno chiaramente rivelati (anche se molti riferiti al primo libro sono stati chiariti).
Ci sarebbero molte altre cose da dire (stiamo parlando di un libro di 900 pagine) ma mi fermo per non iniziare a divagare, FANTASY PURO, bellissimo, cattivo e adulto. 4 stelle e mezzo (perché odio non aver capito determinati passaggi).






mercoledì 10 febbraio 2016

[Book Cover] Il Nome del Vento - Patrick Rothfuss

In attesa del terzo e ultimo libro (hahahahaha!) dell'acclamata trilogia di Patrick Rothfuss, vi propongo le copertine delle varie edizioni del primo, Il Nome del Vento.



USA

USA 2007

Finlandia

eBook

Spagna 2009

Germania 2008

Portogallo

Portogallo ver.2

Turchia

Danimarca

Polonia

Olanda

UK

Serbia

Italia 2008

Lettonia

Russia

Ungheria

Lituania

Russia 2011

Italia 2015

Germania 2009

Giapponese

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lunedì 8 febbraio 2016

[Recensione] La Nave della Magia/La Nave in Fuga - Robin Hobb






















Titolo: La Nave della Magia/ La Nave in Fuga
Serie: Borgomago vol. 1
Autore: Robin Hobb
Editore: Fanucci
N° Pagine: 348 / 423
ISBN-10: 8834711300 / 8834711742
Genere: High Fantasy (?)


Premessa: il libro originale (Ship of Magic) è stato diviso nella versione italiana in due libri separati (La nave della magia e La nave in fuga). La recensione comprende entrambi i libri dell'edizione italiana.



Mentre a nord, nei Sei Ducati, si combatte una violenta guerra, a Borgomago, molto più a sud, le cose stanno cominciando solo ora a degradere.
In una terra dove è il commercio via mare a regnare, e tranquille e placide acque si alternano a stretti e pericolosi passaggi popolati da enormi serpenti marini, le famiglie di Vecchi Mercanti vedono incrinarsi il loro dominio commerciale e politico.
Il nuovo Satrapo, governatore della regione, è un giovane sconsiderato che, per finanziare i suoi bagordi, svende merci e territori a chiunque. Nascono così i Nuovi Mercanti, che prendono sempre più piede soffiando i migliori affari solo grazie all'utilizzo della schiavitù che gli permette di vendere merci ad un prezzo inferiore.
Solo il monopolio del commercio sul Fiume delle Giungle della Pioggia mantiene i Vecchi Mercanti al potere, commercio redditizio grazie alla magia infusa negli oggetti prodotti dai mercanti delle Giungle della Pioggia.
La famiglia Vestrit fa parte dei Vecchi Mercanti e naviga in cattive acque. La morte del patriarca della famiglia, Ephron, fa risvegliare il loro veliero vivente (si, la nave mercantile di famiglia, la Vivacia, ora è un essere vivente e senziente, risvegliato dai ricordi di tre generazioni di Vestrit deceduti sul suo ponte), e il comando passa inaspettatamente a Kyle Haven invece che ad Althea Vestrit, diretta erede di Ephron. La testardaggine e le pessime idee di Kyle fanno precipitare gli eventi della già indebitata famiglia.
Althea, ormai diseredata e disperata dall'infrangersi del suo legame diretto con Vivacia, fugge di casa e comincia a cercare un modo per riprendersi la nave.
Visto che il veliero vivente ha bisogno di qualcuno con il sangue dei Vestrit a Bordo, Kyle obbliga suo figlio Wintrow, nipote di Ephron, a lasciare il sacerdozio e diventare mozzo della Vivacia e salpa così in cerca di affari.
Nel frattempo, il capitano pirata Kennit, mira a diventare il re delle Isole dei Pirati ed escogita un portentoso piano per accrescere la sua popolarità e le sue ricchezze.


Pur rimanendo nel mondo dei Sei Ducati, l'autrice si sposta in un'altra regione per raccontare nuove avventure e nuove storie di nuovi personaggi senza interferire con la trilogia precedente.
La narrazione non è più in prima persona con un unico POV, ma una più canonica terza persona con POV variegati, anche all'interno dello stesso capitolo. Anzi, spesso in un capitolo passeremo in rassegna il punto di vista di tutti i personaggi principali.
Lo stile della Hobb qui è ancora più marcato, l'autrice si prende il suo tempo per descrivere ogni cosa, a volte con fin troppa calma. Questa lentezza può piacere come può non piacere, non è un fantasy d'azione come può essere un libro di Sanderson o Abercrombie, non ci saranno epiche battaglie tra galeoni o combattimenti all'ultimo sangue. Le principali battaglie che vedremo saranno quelle che dovranno combattere i protagonisti per vincere i soprusi, le difficoltà della vita o il semplice destino avverso, proprio come Fitz, e proprio come nella trilogia precedente, ogni personaggio è ottimamente caratterizzato psicologicamente.
Le trame principali sono tre, intrecciate tra loro, più alcune sottotrame e nessuna si chiuderà con la fine del libro. Le storie non sono nulla di particolarmente intricato, ma la Hobb ha già dimostrato di avere ottime idee con la giusta dose di mistero e magia e qui ne ritroviamo tutti gli elementi.
Solo l'eccessita prolissità o lentezza in alcuni punti e personaggi meno carismatici rispetto ai Lungavista fanno scendere l'opera dal piedistallo dell'eccellenza.