martedì 26 maggio 2015

[Recensione] Terramare -2- Le Tombe di Atuan - Ursula K. Le Guin


Titolo: Le Tombe di Atuan
Serie: Terramare vol. 2
Autore: Ursula K. LeGuin
Editore: Mondadori
N° Pagine: 1486 (volume unico)
ISBN-10: 8804626410
Genere: Heroic fantasy







Le isole dell’arcipelago più a est di Earthsea forma il bellicoso impero di Kargad, governato da un re-dio e dove la magia viene considerata un’arte malvagia. L’isola di Atuan è il centro spirituale dell’impero, luogo dove sorgono i templi dedicati al re-dio e dove regnano le sacerdotesse dell’imperatore. Ma la più importante tra tutte le sacerdotesse non serve il re-dio, è la Prima Sacerdotessa dei Senza Nome, le antiche divinità dell’oscurità, della morte e della distruzione, uno degli antichi poteri che esistono dall’alba dei tempi, ancora prima della creazione di Earthsea. Nonostante le potenze servite, al culto dei Senza Nome viene data ormai ben poca importanza e i rituali sono una pura formalità, ma la sua sacerdotessa, che si reincarna di volta in volta in una nuova bambina, continua a detenere il potere sull’isola.
In questo ciclo la bambina prescelta è Tenar, che tramite il rito di iniziazione diventerà Arha, “la divorata”. Arha passerà tutta la sua vita sull’isola, imparando i riti del culto e soprattutto memorizzando la mappa della cripta delle Tombe dei Senza Nome e del labirinto sottostante, che si snoda per chilometri e chilometri e, secondo la legge dei Senza Nome, non può essere rischiarato da nessuna luce. Gli anni passano identici e monotoni, finché durante uno dei suoi pellegrinaggi esplorativi nel labirinto, Arha scorge una luce dove la luce è proibita: c’è un intruso.

Lo sconosciuto, intrappolato da Arha nel labirinto è Ged/Sparviero, recatosi sull’isola per cercare un antico manufatto. La sacerdotessa incuriosita da questa novità dopo anni di monotonia decide di lasciare in vita il mago, a cui pian piano si avvicinerà e scoprirà cosa c’è oltre la coltre di oscurità che da sempre ha ammantato la sua vita.




Lascio in sospeso il finale, per quanto scontato, poichè la trama non è il punto principale di quest’opera. Come nel libro precedente infatti troviamo molti valori tra le pagine di questo volume:
- L’individualità persa a favore della collettività, cioè il sacrificio imposto ad una bambina di abbandonare la sua famiglia e vivere in solitudine in un posto sconosciuto, costretta a riti verso potenze a lei sconosciute e costretta a vivere nell’oscurità.
- La misericordia nell’aiutare qualcuno, scoprendo così di aiutare anche se stessi.
- L’importanza della libertà, sia fisica che di pensiero: Arha è libera di fare qualsiasi cosa voglia, ma è sempre intrappolata dai riti e dai doveri che le sono stati imposti... si può essere liberi e nello stesso tempo schiavi? Essere potenti e nello stesso tempo impotenti? Vale la pena gettare la propria vita, cullata e protetta dalle tenebre, e tutto quello che siamo stati fin’ora per rinascere liberi?
Ottima come nel libro precedente la scrittura della Le Guin, sempre capace di incantare, ma in minore misura rispetto al libro precedente forse a causa dell’ambientazione buia.

Peccato che il libro parta molto lentamente e fino all’arrivo di Sparviero ha uno strato di monotonia che, se da un lato ci fa capire meglio la vita di Arha, dall’altro rende un po’ più difficile la lettura.





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